Imparare a nuotare per affrontare la fazione ovvero il nuoto nel triathlon. La mia esperienza.

Sei anni fa, alla tenera età di 46 anni ho iniziato a fare triathlon.

È successo per gioco. Il mio compagno faceva già triathlon da molti anni. Io facevo jogging, cicloturismo domenicale e, in inverno, andavo in piscina (dove nuoticchiavo solamente a rana o a dorso).

Quando gli ho risposto “perché no?” non mi rendevo conto bene di ciò a cui sarei andata incontro.

Come sappiamo, il nuoto è la più tecnica delle tre discipline di cui si compone il triathlon. Quindi necessita di un allenamento di qualità (tecnico) oltre che di volume.

Il nuoto nel triathlon in piscina

Nelle gare più brevi di triathlon, distanze triathlon sprint e triathlon olimpico, il nuoto è più importante che nelle gare di lunga durata che sono il triathlon medio e il triathlon lungo ed infine il triathlon lunghissimo che prendono anche il nome di mezzo Ironman o Ironman. Uscire prima degli altri, nel nuoto permette, infatti di stare in gruppo e di poter fare un po’ di scia in bicicletta. Questo se la scia è consentita, solitamente lo è nelle gare sprint ed olimpico.

Inoltre, nelle gare su distanza sprint, spesso si svolge in piscina e quindi la tecnica diventa molto importante.

Purtroppo me ne sono accorta subito!

Nella frazione di nuoto del triathlon nessuno ti obbliga a nuotare a crawl che sarebbe il termine tecnico pe rdefinire lo stile comunemente detto stile libero, ma semplicemente è lo stile più efficace ed efficiente. Quindi più velocità a parità di fatica.

Dovevo imparare a nuotare “a stile”.

Avevo fatto un breve corso per impararlo, più che altro avevo imparato i movimenti base.

Ma le mie gambe pesanti e la mancanza di elasticità nella schiena (a causa di un’operazione che mi ha bloccato dalla sesta vertebra dorsale alla quarta lombare) mi facevano procedere molto affondata dietro e quindi grande fatica e poca efficienza.

Ho capito che era molto importante imparare a nuotare bene per poter fare triathlon ma imparare in tarda età non è così semplice.

Ho passato più di un anno a cercare di nuotare per sopravvivere. La prima volta che ho visto la vasca da 50 m non sono riuscita ad arrivare in fondo.

Giravo a 3’ sui 100 m, una cosa veramente indecente.

Le gare in piscina per me erano fonte di ansia e stress perché sapevo che sarei stata l’ultima ad uscire dalla vasca (e immaginavo le maledizioni delle batterie dopo che aspettavano per entrare). In più, dovevo farmi la frazione di bici tutta da sola.

Allenare la tecnica per il nuoto in piscina

Per fortuna il mio compagno è istruttore di nuoto. Ha cominciato a farmi fare degli esercizi. Delle prove, soprattutto col pull-buoy per imparare a sentire la differenza di assetto.

Molti esercizi concentrandomi sull’assetto, tenendo la testa più o meno alta; altri concentrati sulla spinta indietro utilizzando anche delle “palette” per sentire meglio il movimento nell’acqua.

In sei anni sono passata da girare a 3’ a girare a 2’25 in gara. Può sembrare poco, ma per me che non sono portata per il nuoto è il frutto di continui esercizi di tecnica e prove. 

Oltretutto, nel nuoto, non si è mai finito di perfezionare la tecnica.

Per me, che ho bisogno di mantenere sempre fresco il “gesto” del nuoto tre allenamenti settimanali di 45′ sono ottimali. E’ meglio fare meno volume ma più spesso. Inoltre io che sono lenta devo allenare la velocità, quindi il massimo della lunghezza sono i 400 m fatti alla fine, da stanca, per verificare il “ritmo gara”. Il resto dell’allenamento prevede 100 e 50 m da fare in mille modi diversi.

 

Il nuoto nel triathlon in acque libere

Ebbene sì, il nuoto nel triathlon è quasi per definizione un nuoto in acque libere.

Solo nelle distanze più brevi, sprint e supersprint, si può svolgere in piscina.

Io non immaginavo quanto potesse essere differente nuotare in mare o in un lago.

Nuotare non è come fare il bagno al mare. Soprattutto nuotare cercando di vedere una boa in lontananza e mantenere una rotta. Soprattutto quando ci sono onde e correnti che ti spostano continuamente.

Avevo già nuotato nel mare e nel lago, ovviamente, ma su distanze minime. Era “fare il bagno”.

La prima volta che ho dovuto affrontare le acque libere fu a Riccione. Lo feci solo perché era la gara a squadre di fine stagione su distanza sprint.

Era ottobre, faceva freddo, muta vietata. Appena entrata in acqua mi venne il panico. Non riuscivo a respirare. Furono le mie compagne che con pazienza riuscirono a farmi fare tutta la frazione trascinandomi fuori dall’acqua.

Ho fatto altre gare in acque libere, su distanza olimpica. Fortunatamente sempre con la muta (il passaggio alla categoria M3 mi permette di poterla indossare sempre). Nuotare in acque libere con la muta mi dà due benefit: mi fa sentire in qualche modo protetta e mi fa galleggiare meglio.

Tuttavia l’ansia delle acque libere è per me una costante. Non ho paura di non vedere il fondo o che ci sia chissà quale mostro marino. Quello che mi dà ansia dall’inizio alla fine della frazione di nuoto è la mancanza di riferimenti. Non ho un muretto da toccare e che mi dà la certezza di poter uscire in qualsiasi istante, fatico a tenere la rotta, mi ritrovo da sola e, infine, ho paura che mi raggiungano le altre batterie e mi travolgano.

Chi ha paura di nuotare in acque libere può avere altri motivi d’ansia, ognuno di noi è diverso. Quello che ci accomuna è l’ansia da controllare. Dall’inizio alla fine.

Allenare il nuoto in acque libere

Come si può allenare il nuoto per il triathlon in acque libere?

In primis nuotando. Tanto. Gareggiando, perché la gara non è come l’uscita in allenamento.

Purtroppo, l’ansia va vinta abituandosi alla situazione e a vedere che non succede nulla.

Poi ci sono invece esercizi specifici che si possono fare, anche in piscina, per abituarsi a tenere la rotta che è la cosa più importante.

Si può nuotare a occhi chiusi aprendoli solo quando si viene su a respirare, per abituarsi al buio delle acque libere.

Un altro esercizio è quello di uscire con la testa in avanti ogni tre – cinque bracciate per vedere dove si va.

Non dimentichiamoci anche di allenarci a togliere la muta velocemente, a meccanizzare i gesti: tirare giù la cerniera appena usciti dall’acqua, sfilare le braccia mentre si corre in zona cambio e poi, in zona cambio, trovare il modo migliore e veloce per sfilare le gambe.

 

 

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Dott. Enrico Roncada

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